Regioni italiane unite in Europa contro etichette irlandesi sul vino

Giani: a Bruxelles giornata importante. Prandini: bene il pressing

Milano, 15 mar. (askanews) – Regioni italiane unite contro gli “health warning” sulle etichette degli alcolici promosse dall’Irlanda. La delegazione al Comitato europeo delle Regioni (CdR) ha chiesto che se ne discuta nel corso della prossima sessione plenaria fissata per il 24 e 25 maggio a Bruxelles.

“E’ stata una giornata importante: con l’ambasciatore Benassi abbiamo discusso dell’iniziativa del governo irlandese, cui siamo assolutamente contrari, tesa a mettere sulle bottiglie di vino l’etichetta ‘nuoce gravemente alla salute’ ha spiegato il presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani che faceva parte della delegazione insieme con i governatori di Abruzzo, Piemonte e Veneto, sottolineando “che mi fa piacere che l’intero sistema Italia respinga fermamente tale ipotesi: quello che fa male non è il buon vino, quale è ad esempio quello toscano, ma l’abuso dell’alcol”.

Prima di partecipare al Comitato europeo delle regioni, l’assemblea dei rappresentanti locali e regionali dell’Unione Europea, dove ha incontrato la delegazione italiana e ha partecipato ai lavori della plenaria in cui è stato ascoltato, sul tema dell’etichettatura del vino, l’ambasciatore italiano presso l’Unione Pietro Benassi, Giani ha incontrato la Commissione consiliare Politiche europee presieduta da Francesco Gazzetti, che ha svolto un incontro istituzionale nella sede della Regione in Belgio alla presenza del presidente del Consiglio regionale, Antonio Mazzeo.

“Il pressing delle regioni nella Ue contro l’etichetta sanitaria sul vino proposta dall’Irlanda è importante” ha commentato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini, evidenziando che “è del tutto improprio assimilare l’eccessivo consumo di superalcolici tipico dei Paesi nordici al consumo moderato e consapevole di prodotti di qualità a più bassa gradazione come il vino. Il giusto impegno dell’Unione per tutelare la salute dei cittadini – ha concluso – non può tradursi in decisioni semplicistiche che rischiano di criminalizzare ingiustamente singoli prodotti indipendentemente dalle quantità consumate”.

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